Libero de Libero, Pitture di Afro Basaldella , testo introduttivo per L’esposizione “Afro”, Galleria della Cometa, RomA, 8 – 22 AprilE 1937.

Libero de Libero (1903 – 1981), critico d’arte e scrittore, fu negli anni trenta vicino agli artisti della Scuola Romana. Questo testo fu scritto per la prima mostra personale di Afro Basaldella . La Galleria della Cometa venne fondata nel 1935 da de Libero e Mimì Pecci Blunt, 
con il supporto di Leonardo Sinisgalli e Corrado Cagli, amico di Afro Basaldella . Il testo, poetico e vivace, ma alquanto ermetico, si conclude con il tradizionale riferimento al colore e alla luce di Venezia.

Questi è Afro Basaldella , pittore nato nel Friuli e cioè in terra veneziana ove da sempre la pittura è la sola mitologia cara a quelle genti; e di Afro Basaldella hanno parlato i critici dell’ultima biennale per un suo Pastore curvo a bere; affreschi di lui ornano un salone nelle scuole di Udine. Non è dunque un nome nuovo né un giovane provinciale che dia l’assalto alla città con poche micce. Viene invece alla Galleria della Cometa con una scelta di suoi quadri (figure, 
fiori, nature morte e paesaggi) un pittore e gli è dovuta la più grata ospitalità.
Semplice, naturale eppure nel vigore sottile che dispone meglio ogni disinvoltura al giusto fine della visione, questa pittura celebra i fasti degli oggetti che si osservano sui tavoli del Carnevale. Non che il Carnevale sia da riferirsi ai soli oggetti, sibbene a tutto il modo d’intendere la figura e i fiori nell’estatica ebbrietà dei convincimenti loro che man mano si pacificano nell’ordine della pittura. Perciò dobbiamo passare per l’Autoritratto ove l’autore si affronta per un’apologia barocca di sé e pure misurata sopra l’arabesco del costume, per giungere alla natura morta coi vasi, le maschere e le sete, ove la rigattiera sontuosa di un veglione non si rassegna alla sua vanità e meglio questa sua vanità esemplifica su tutti i toni del rosa, degli ocra, e nell’intenso paragone dei violacei. Mentre la féerie ricomincia nella natura morta diremo soffusa d’oro e di rossi che si contendono il panneggio in quel susseguirsi di triangoli sino a concludersi sugli ocra e sui viola della trombetta riccioluta; e continua ancora altrove, nei fiori amabilmente cresciuti da un colore plastico non certo discutibile.
Ma sul Ritratto di giovane vanno a finire le nostre speranze e nell’Autunno, e con la speranza indichiamo i luoghi caldi, eroici e fantastici ove è desiderata la stabilità e il giuoco del pittore ovvero la sua cittadinanza regolare.
Nel Giovane sono a fuoco la biografia e il giudizio che fanno dentro lo spazio e il tempo la loro più temuta apparizione proprio in merito d’una pittura amorosa e incandescente: nell’Autunno la pittura par si leggera e fatua, ma nello scontrarsi con la fantasia essa solleva la visione in un’aurea che intimidisce ogni rappresaglia: 
quel tanto basta a commuovere. Abbiamo detto commozione poiché a molta gente fa paura questa parola.
Se si volessero cercare i nomi più propri alla paternità del pittore Afro Basaldella , si ricordi la sua nascita in terra veneziana laddove anche l’aria si colora e odora sempre dell’antica pittura. Si fa più presto, l’apparenza non deve ingannare. A noi resta il rammarico di non avere ancora visto i suoi affreschi.

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